Racconto: A luce di candela

Sono solo così disperatamente solo. Solo nel buio più nero del nero.

Vaffanculo Sara! Vaffanculo!

Sto ripetendo questa frase come un disco rotto da quasi dieci minuti, ma questo mantra non riesce in nessun modo a migliorare la situazione.

Vaffanculo a te e a Bologna sotterranea del cazzo!

Sto tenendo ostinatamente in mano un mozzicone di candela: la cera sciolta mi sta colando sulle dita, bruciandomi i polpastrelli, le falangi.
Io non ci faccio comunque troppo caso: preso come sono dalla mia rabbia mista a paura.

Perchè cazzo ho seguito quella stronza in questa gita del cazzo in questo posto del cazzo.

In realtà lo so benissimo perchè...mio nonno diceva sempre "tira più un pelo di fica che un carro di buoi".
Se la realtà non fosse così assurda e spaventosa, mi verebbe quasi da ridere al pensiero della sua battuta, a quanto fosse vera.

Una che ti considera quanto un soprammobile.  

Siamo scesi in una decina percorrendo questi cuniculi bui sotto la città da quello che sembra un tempo infinito (un'ora, forse due) armati solo di candele e di una guida a farci strada.

Palestrato di merda. 

Il solo pensare a quel pomposo imbecille sento la rabbia montarmi e il panico scemare dandomi un po' di tregua.
Palestra-man è indiscutibilmente un bel ragazzo: alto, fisicato, biondo, barba curatissima e capello lungo.
Il prototipo del dio nordico delle cagate.
Mi è bastato vedere lo sguardo che si sono scambiati (anzi quello che lei ha indirizzato a lui) per capire quanto stronzo fossi, al perchè Sara avesse insistito così tanto.

Sei proprio un illuso coglione. 

La verità di questa conclusione mi riporta alla fredda realtà: un cunicolo fatto di pietra, gocciolante, infinito sia davanti a me che dietro.
L'unica realtà e certezza è il buio oltre la luce della candela in ogni direzione.
E poi c'è l'umidità: un sensazione putrida e appicicaticcia che rende il senso di chiuso, ancora più claustrofobico e opprimente.
All'improvviso sento un rumore dietro di me: un suono indistinto di passi pesanti e strascicati, oscenamente alieno in tutto quel silenzio.
Affretto il passo dirigendomi nella direzione opposta, ma non troppo per non far spegnere la candela.

Cazzo! Cazzo! Cazzo! 

Una paura irrazionale mi spinge all'azione, all'allontanarmi da lì.
Una parte di me vorrebbe ribellarsi a quella scelta insensata: la logica vorrebbe che mi avvicinassi al rumore chiara presenza di qualcuno, forse il gruppo dei miei compagni escursionisti, forse i soccorsi.
Ma il panico urla più forte e non mi permette di pensare ad altro.

Via! Via! Via! 

E' l'unica cosa che sento, l'unica che sembra adesso avere un senso.
Vado avanti imperterrito, finchè mi rendo conto che il rumore dietro di me  è cessato, mentre poco oltre la luce della mia candela sono comparse delle figure.

Gli altri!!!! 

Il sollievo scaccia la rabbia e la paura e mi avvicino a loro, chiedendomi come avessi fatto a perderli di vista così all'improvviso.
Mi bastano pochi passi per capire che ho davanti una scena assurda al limite del grottesco: sono tutti perfettamente immobili, congelati come statue di carne a cui il videoregistratore del tempo avesse premuto il tasto pausa.
Le loro espresioni sono sconvolte, stravolte: Sara ha il viso rigato di lacrime, deturpato da un grido smorzato a metà. Palestra-man ha il volto stravolto, cadaverico come un fantasma.
In mezzo a loro un corpo giace sdraiato sul pavimento: una figura scomposta coperta di sangue con il cranio fracassato. Un grosso masso, proveniente dal soffitto, rimane poco distante da quello che rimane della testa.

Merda! Quello sono io!!!! 

Vorrei gridare, ma non riesco; mentre istintivamente faccio un passo indietro, la candela si esaurisce e piomba l'oscurità.
Una mano mi afferra una spalla e una voce perentoria mi sussura: -Adesso devi venire con me.
 

Nessuna replica da parte mia, solo il buio.

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